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Orecchiette pugliesi: come realizzare la pasta fatta in casa e preparare un ottimo primo con le classiche cime di rapa.

Le orecchiette pugliesi sono il simbolo indiscusso della cucina pugliese, uno dei piatti di pasta più conosciuti e amati di questa meravigliosa regione.

Le loro origini sono molto antiche, addirittura, c’è chi afferma che risalgano al periodo normanno. Cucinate generalmente con le cime di rapa, presentano diverse varianti. In ogni caso sono una delle paste pugliesi più simboliche e particolari, grazie alla loro forma rotonda e concava e alla loro superficie rugosa.

Orecchiette pugliesi: vanto indiscusso della regione

Sono uno dei piatti tipici pugliesi che meglio incarnano la tradizione culinaria della regione. Chiamate anche chianchiarelle, se piccole, o pociacche, se di dimensioni maggiori, le orecchiette pugliesi e la loro lavorazione sono tramandate di generazione in generazione, nelle famiglie.

Vanto di tutta la gastronomia italiana, le orecchiette pugliesi fatte a mano venivano preparate dalle donne, su dei tavolieri. Le tradizionali strascinate erano una versione più casereccia, meno elaborata, preparata servendosi semplicemente del coltello per trascinare la pasta, senza rigirarla.

Per la scelta del sugo per orecchiette, le potete gustare con le tradizionali cime di rapa o con il ragù di carne, sono una prelibatezza per il palato e un assaggio della storia di questa regione.

La storia delle orecchiette, protagoniste dei piatti tipici pugliesi

Le orecchiette sono uno dei piatti tipici pugliesi che incarnano meglio la storia e la tradizione di questa regione.

Non si conoscono esattamente le vere origini, perché non c’è un documento scritto che ne parla in maniera esplicita. Sembra che in un testo di Varrone, poeta latino vissuto tra il 116 e il 27 a.C., si facesse riferimento a un tipo di pasta dalla forma concava. Giambattista Del Tufo, scrittore napoletano, nel 1500 citava questa pasta come originaria di Bari.

Secondo la tradizione, durante il Medioevo, si produceva una preparazione simile alle orecchiette. Si trattava di una pasta molto spessa, a forma di dischi, incavata al centro. Una forma che facilitava l’essiccazione e quindi la conservazione del prodotto. Secondo alcune teorie, le orecchiette avrebbero avuto origine nel territorio di Sannicancro di Bari, durante la dominazione normanno-sveva, tra il XII e il XIII secolo.

Una curiosità: secondo la tradizione locale, la forma delle orecchiette si ispirerebbe a quella dei tetti dei trulli.

Orecchiette Pronte intavoliamo

Come si fanno le orecchiette pugliesi: ingredienti

Partiamo dal vedere quali ingredienti servono per realizzare le orecchiette. Successivamente vedremo, invece, come condirle. Le orecchiette sono molto semplici da realizzare e occorrono pochissimi elementi:

Secondo la tradizione, per preparare le orecchiette fatte in casa va adoperata esclusivamente farina di semola e impastata con acqua tiepida, in un rapporto di circa 1 a 3. Alcune versioni prevedono l’aggiunta dell’uovo, per rendere l’impasto più “calloso”.

Come si fanno le orecchiette pugliesi - Procedimento

Vediamo adesso come fare le orecchiette e qual è il procedimento più corretto, quello tramandato da madre in figlia.

Disponete la farina di semola di grano duro rimacinata su una spianatoia. Aggiungete un pizzico di sale. Mescolate e formate una fontana. Al centro, versate l’acqua tiepida. Poi, iniziate a lavorare l’impasto, incorporando un po’ per volta la farina.

Impastate per almeno 10 minuti, fino ad ottenere un composto omogeneo ed elastico. Mettetelo da parte, copritelo con un canovaccio e lasciatelo riposare a temperatura ambiente per circa 15 minuti.

Trascorso il tempo necessario, prelevate una porzione d’impasto e lasciate il resto a riposare sotto il canovaccio. Lavorate l’impasto e realizzate un piccolo filoncino dello spessore di 1 centimetro. Tagliate dei piccoli pezzi di 1 cm di lunghezza. Spolverate della farina sulla spianatoia e, aiutandovi con un coltello, formate delle conchigliette, strisciando il pezzettino verso di voi.

Ripetete l’operazione per tutto l’impasto.

Potete utilizzare le orecchiette fresche, o farle seccare e conservarle per un mese. Sistemate le vostre orecchiette fatte a mano su un canovaccio o una spianatoia. In generale, meglio prepararle la sera prima, in modo da lasciarle asciugare tutta la notte.

Preparazione Orecchiette intavoliamo

Ricetta orecchiette alle cime di rapa

Vediamo adesso come preparare le orecchiette alle cime di rapa, uno dei condimenti più tipici di questo primo piatto pugliese.

Salteremo in questo caso la preparazione della pasta, che abbiamo visto nei punti precedenti.

Per preparare il piatto vi serviranno:

  • 400 grammi di orecchiette
  • 1 kg di rape
  • 4 filetti di alici sott’olio
  • 4 cucchiai di olio evo
  • 1 spicchio d’aglio
  • sale q.b.
  • peperoncino q.b.

Pulite le rape ed eliminate la parte più dura del gambo e delle foglie. Lavate accuratamente le parti rimaste e mettetele a scolare. Portate l’acqua a bollore e aggiungete del sale. Unite le rape e fatele cuocere per qualche minuto. Nel frattempo, in una padella a parte fate rosolare lo spicchio d’aglio e il peperoncino. Abbassate la fiamma, sminuzzate le alici e aggiungetele.

Dopo aver cotto le rape per 4-5 minuti, aggiungete le orecchiette. Scolate le orecchiette al dente e mettetele direttamente nella padella con il condimento, per la mantecatura che dovrà essere effettuata a fiamma viva. Mescolate continuamente, fino a quando l’acqua non si sarà asciugata. Servite il piatto caldo.

Gli originali sono rigorosamente fritti, ma c’è chi li prepara anche al forno. Ecco la ricetta originale dei panzerotti pugliesi e una variante light

I panzerotti pugliesi sono uno dei piatti tipici della regione, capaci di mettere d’accordo tutti, grandi e piccoli. C’è chi li predilige rigorosamente fritti, come vuole la tradizione, chi, invece, al forno, per una variante più leggera. Quel che è certo, è che i panzerotti pugliesi sono sinonimo di compagnia, di condivisione e giovialità.

Secondo alcuni, il panzerotto pugliese sarebbe nato a Bari, intorno al XVI secolo. Le donne erano solite preparare questo piatto con gli avanzi dell’impasto del pane nei quali mettevano all’interno pomodori e pezzi di formaggio. Ecco come preparare i panzerotti fritti pugliesi e la loro variante light al forno.

Ricetta Panzerotti pugliesi - Ingredienti

Fanno parte delle ricette pugliesi più golose e sono spesso considerati uno street food. Eppure, i panzerotti pugliesi sono un cibo che può essere consumato ovunque e sicuramente in ogni occasione. Da mangiare caldi, con il ripieno bollente, ecco quali sono gli ingredienti necessari per preparare questo piatto.

Partiamo dall’occorrente per realizzare l’impasto per panzerotti:

      • 500 grammi di farina (100% semola o 50% semola e 50% farina 00)
      • 1 cucchiaino di zucchero
      • Mezzo cubetto di lievito di birra
      • 2 cucchiai d’olio
      • 1 cucchiaio di sale
      • 200 ml di acqua tiepida
      • 100 ml di latte
      • olio di semi per la frittura

Vediamo invece gli ingredienti per il ripieno:

        • 250 grammi di pelati
        • 1 mozzarella (meglio se treccia o scamorza)
        • sale q.b.
        • origano
        • pepe
        • formaggio grattugiato

Come fare i panzerotti pugliesi fritti - Preparazione

La prima cosa che dobbiamo fare nella preparazione dei nostri panzerotti pugliesi fritti è il lievitino. Si tratta di una soluzione che consente di conferire all’impasto maggiore leggerezza. Si prepara lavorando insieme il mezzo cubetto di lievito, lo zucchero, il latte con un po’ di acqua e due cucchiai di farina di semola.

Una volta preparato l’impasto per panzerotti, lo dovete lasciare riposare, coperto da pellicola e canovaccio, per circa mezz’ora, fino a quando non raddoppia il suo volume.

Mentre il lievitino fa il suo corso, preparare il ripieno. Disponete in un colino la mozzarella o la scamorza sminuzzata, in modo da perdere l’acqua in eccesso e risultare più asciutta durante la cottura. A parte, condite la salsa di pomodoro, con un pizzico di sale e origano. La salsa deve essere molto asciutta. Se è il caso, sgocciolatela e successivamente unite il formaggio grattugiato e il pepe.

Disponete adesso la farina a fontana. Versate al centro l’olio evo, il sale e il lievitino. Incorporate poco alla volta la farina, aggiungendo lentamente l’acqua tiepida. Lavorate l’impasto fino a ottenere un panetto morbido ed elastico, sul quale andrete a incidere una croce. Copritelo con pellicola e canovaccio e lasciate lievitare per circa 2 ore in un ambiente caldo.

Finita la lievitazione, formate delle palline di impasto, coprite e lasciate riposare ancora per 30 minuti. Poi, stendete i panetti fino a formare dei dischi, farcite con il ripieno, inumidite i bordi con dell’olio, chiudete a forma di mezzaluna e sigillate bene l’impasto con le punte di una forchetta.

Friggete subito in abbondante olio caldo, da entrambi i lati, fino a completa doratura. Serviteli caldi. Importante ricordare che i panzerotti vanno fritti subito dopo preparati, per evitare che il ripieno inumidisca troppo l’impasto. Ecco perché è sempre meglio farsi aiutare durante la preparazione.

Preparazione Panzarotti intavoliamo

Panzerotti pugliesi al forno. La variante light

Lo sappiamo, la ricetta originale vuole rigorosamente il panzerotto fritto. Tuttavia, può esserci chi preferisce prepararlo al forno, per godere ugualmente di tutta la bontà di uno dei piatti tipici pugliesi più conosciuti, ma in una variante più leggera.

Partiamo dagli ingredienti, che sono gli stessi della preparazione precedente. Anche la preparazione dell’impasto segue la stessa procedura.

In questo caso, quello che potete cambiare è il ripieno: potete sbizzarrirvi nelle varianti che preferite.

Dalla soluzione tradizionale a base di mozzarella e pomodoro, potete preparare ripieni di acciughe, mozzarella e olive pugliesi. Non ci sono limiti alla creatività. Tra le tante soluzioni a disposizione, due sono tra quelle più tipiche: un ripieno di carne macinata o di rape stufate. C’è infine chi li prepara con la ricotta forte, un formaggio morbido pugliese e leggermente piccante.

L’importante è che l’impasto non presenti grumi e che sia della giusta consistenza, in modo che la pasta sia facile da stendere ma non si rompa durante la cottura. La preparazione non deve essere troppo dura, né troppo morbida e appiccicosa per evitare che si inumidisca eccessivamente una volta inserito il ripieno.

Preparate le vostre palline e sistematele su una teglia foderata di carta forno. Lasciatele riposare in un luogo caldo per 10 minuti. Poi, stendete l’impasto, ottenendo i dischi da farcire. Chiudeteli bene e riponeteli su una teglia. Cuocete in forno per 180°, per circa 20 minuti. Servite i vostri panzerotti ripieni ben caldi.

Panzarotti Pronti intavoliamo

REGIONE: Puglia
TIPOLOGIA DI PRODOTTO: Gastronomia

Descrizione

La "matriata", in dialetto "'ntrama fina", è un piatto tipico della Puglia a base di carne fresca.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito la matriata nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Origine

La matriata, come tutti i piatti di carne della Puglia, ha una tradizione antica e il detto secondo il quale:

  • "della carne non si butta via niente".

La matriata fina si prepara con:

  • l'intestino tenue del vitello o del bovino adulto e viene spesso gustata con il "chimo" che si trova all'interno di questa frattaglia.

Ingredienti

Gli ingredienti base per la creazione di questo piatto sono i seguenti:

  • matriata;
  • vino bianco;
  • olio extra vergine di oliva;
  • cipolla;
  • alloro;
  • sale;
  • pepe.

Preparazione

Inizia con il lavare bene la matriata, spellala e dividila in parti.

Ogni parte dovrà essere:

  • legata alle estremità in maniera tale da tenere il chimo all'interno durante la cottura;
  • il chimo servirà per dare un gusto amarognolo e gustoso alla ricetta;
  • prendi una cipolla e tritala;
  • versala in una padella in cui avrai aggiunto l'olio extra vergine di oliva.

Fai soffriggere per qualche minuto e aggiungi la matriata continuando a mescolare.

Lascia sul fuoco a fiamma bassa e versa il vino bianco.

Fai sfumare per alcuni minuti e aggiungi il sale quanto basta, le foglie di alloro e il pepe.

La matriata dovrà cuocere per almeno due ore a fuoco minimo.

Degustazione

Trascorso il tempo di cottura la matriata sarà pronta per essere servita!

Variante:

  • se non ami il gusto amarognolo del chimo puoi toglierlo durante la fase di pulizia e procedere con la ricetta.
REGIONE: Puglia
TIPOLOGIA DI PRODOTTO: Vegetali trasformati
CERTIFICAZIONE PRODOTTO: PAT

Descrizione

Le "fave fresche cotte in pignatta" sono tipiche della zona di Bitetto e rappresentano una delle ricette più antiche della tradizione pugliese.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito le fave fresche cotte in pignatta nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Le fave cotte sono uno dei tanti modi di cucinare le fave fresche.

Ci sono molte varianti delle  fave fresche in tante ricette tipiche pugliesi, ogni paese aggiunge qualche ingrediente tipico della propria tradizione .

Origini

La ricetta delle fave fresche cotte in pignatta di Bitetto nacque nel '400 in ambiente religioso, tanto che si racconta essere divenuta famosa perché legata alla vita del Beato Giacomo.

Si narra che, durante una delle sue preghiere, avvolto in un silenzio colmo di devozione, avesse vissuto un momento di vera e propria estasi nel contatto con Dio, tale da commuoversi.

Una delle sue lacrime sarebbe caduta in una pignatta che aveva preparato accanto a lui perché si accingeva a cuocere delle fave fresche per tutti i suoi confratelli del convento.

Da quel momento, la ricetta della fave fresche cotte in pignatta ha acquisito un senso del tutto nuovo e probabilmente gli abitanti di Bitetto sentono un particolare legame con questo piatto proprio in virtù della sua storia, come se potessero ricevere la benedizione del Beato ad ogni assaggio di fave.

Un piatto dove tradizione vuol dire fede.

Ingredienti

Gli ingredienti necessari per la preparazione delle fave fresche cotte in pignatta sono:

Seguendo la tradizione, le fave da poco raccolte e quindi ancora fresche:

  • vengono estratte dal baccello;
  • eliminate il "muso", la parte dura e scura;
  • lavatele sotto acqua corrente.

Fave fresche

Una volta lavate:

  • le fave devono essere poste all'interno di una pignatta di terracotta, tipica della zona;
  • vanno coperte d'acqua, facendo attenzione che ve ne sia un dito in più. L'acqua verrà assorbita in parte dalle fave ed in parte evaporerà;

Aggiungere:

  • un filo d'olio extravergine d'oliva;
  • sale;
  • cipolla tagliata fine;
  • finocchietto selvatico.

Coprite quindi il tutto con un coperchio.

Cottura fave fresche

La cottura tradizionale delle fave fresche cotte in pignatta:

  • la pignatta deve essere posizionata accanto al fuoco del camino, che non deve ardere a fiamma alta, ma mantenere una temperatura costante da brace ardente in modo da godere di una cottura lenta, che permette di sprigionare tutto il meglio del loro sapore.
  • mescolare il contenuto della pignatta per ottenere una cottura uniforme;
  • le fave saranno cotte e pronte da gustare quando si saranno ammorbidite a sufficienza. Mediamente il tempo di cottura si aggira intorno ai 45min.

Degustazione

Normalmente le fave fresche cotte in pignatta sono consumate da sole o con la semplice aggiunta di un filo di olio di oliva extravergine.

Nel tempo la tradizione ha visto l'unione delle "fave con le cicorielle", spesso usate come accompagnamento alla pignatta di fave.

REGIONE: Puglia
TIPOLOGIA DI PRODOTTO: Gastronomia

Descrizione

Gli "gnumerèdde suffuchète du Curdùnne" o "turcinieddi" o "‘mboti" o "marretti" sono involtini molto utilizzati nella cucina tradizionale della Basilicata, del Molise, ma soprattutto della Puglia.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito gli gnumerèdde suffuchète du Curdùnne nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Caratteristiche

Il termine deriva dal latino "glomu, glomeris", che significa "gomitolo", per la loro forma tradizionalmente arrotolata come un gomitolo di filo.

I gnumerèdde suffuchète du Curdùnne sono quindi:

  • degli involtini di interiora;
  • di solito di capretto o agnello;
  • delle dimensioni di 5 cm circa;
  • ripiene con finocchietto selvatico o prezzemolo.

Le interiora dei gnumerèdde suffuchète du Curdùnne di solito coinvolte sono:

  • fegato;
  • rognone;
  • budella.

Origini

gnumerèdde suffuchète du Curdùnne prendono diverse denominazioni, dipendenti dalla zona in cui vengono prodotti:

  • "nghiemeridde" a Bari e provincia;
  • "gnommareddhri" nella parte meridionale del Salento;
  • "gnumm’ruìdd" denominazione maggiormente utilizzata in Basilicata (Matera e provincia).

In altre zone, come ad esempio nel foggiano, vengono definiti "torcinielli" o "turcinieddri", dal verbo "attorcigliare".

Ingredienti 

Gli ingredienti necessari per la preparazione dei gnumerèdde suffuchète du Curdùnne sono:

  • 1 kg cipolle piccole;
  • 1 kg di involtini di trippa di agnello;
  • 300 gr di pomodorini succosi;
  • 300 gr pecorino;
  • prezzemolo;
  • sale q.b.

Preparazione

Vediamo adesso come puoi preparare gli gnumerèdde suffuchète du Curdùnne.

Inizia seguendo queste indicazioni:

  • affetta finemente la cipolla, dopo averla pulita, e ponila sul fondo di un tegame di terracotta;
  • inserisci poi gli involtini di agnello nella pentola e fai attenzione al fatto che non siano troppo attaccati fra loro.

Condisci poi con:

  • sale;
  • pepe;
  • pomodorini tagliati a cubetti;
  • ulteriore cipolla affettata finemente.

Lascia poi in ebollizione gli gnumerèdde suffuchète du Curdùnne per quattro ore circa, finchè non si otterrà un bel brodo, frutto della cottura lenta della carne.

Degustazione

Servi gli involtini caldi, guarniti con contorno di verdure cotte o patate, lasciando parte del condimento come accompagnamento gustoso.

Buon appetito!

REGIONE: Puglia
TIPOLOGIA DI PRODOTTO: Pesci

Descrizione

Chi si reca in Puglia o nelle zone limitrofe, avrà di certo sentito parlare del cosiddetto "purpu a pignatta", espressione dialettale per indicare il "polpo alla pignatta".

Cetificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito il polpo alla pignatta nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Ingredienti

La ricetta nata nel territorio salentino è oggi un piatto tipico della zona e fa parte della tradizione culinaria che ha radici ben piantate in tutta la Puglia.

Gli ingredienti per la preparazione di questo piatto molto sfizioso, sono:

  • polpo;
  • patate;
  • pane;
  • sale;
  • pomodoro;
  • prezzemolo.

Preparazione

L'ingrediente base è sicuramente il "polpo", che nel gergo culinario viene associato alla "pignatta" per il modo in cui viene cucinato.

La tradizione, infatti, vuole che il polpo sia cucinato in acqua all'interno di una pentola di terracotta.

Secondo alcune varianti è possibile anche:

  • aggiungere al solo ingrediente base previsto anche delle patate, ma ciò che accomuna tutte le ricette è il pane che accompagna questo piatto unico e dal sapore molto gustoso.

Qualche pomodoro e foglie di prezzemolo servono poi ad insaporire ancora di più questo mollusco dalla carne dura.

Degustazione

L'unico accorgimento che si consiglia a chi decide di preparare il polpo alla pignatta è quello di:

  • non esagerare con il sale.

Questo perché il piatto ne è già ricco e si rischia quindi di alterare il sapore.

Cucinare il polpo alla pignatta è tipico soprattutto della cucina mediterranea, grazie alla massiccia presenza di questo mollusco, che viene portato nella case fresco e viene cucinato subito, per sentire il profumo del mare anche a tavola.

Attenzione però a non "alterare la ricetta".

E' indispensabile usare la "pentola in terracotta" se si vuole essere fedeli alla tradizione e servire ai propri commensali il vero polpo alla pignatta.

Descrizione

Il "grano stumpato" è un piatto della tradizione culinaria salentina ed è diffuso soprattutto nel territorio compreso tra le province di Lecce e Brindisi.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito il grano stumpato nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Origini

Si tratta di un "piatto povero" e "molto semplice" e le sue origini ancora oggi non sono ben chiare.

Sembra che sia apparso per la prima volta durante la Seconda Guerra Mondiale, quando gli agricoltori locali non potevano andare al mulino, ma erano costretti a macinare i chicchi di grano con l’ausilio di piccoli mortai di legno e marmo.

Lo stesso nome grano stumpato, ovvero "pestato", deriverebbe dallo stompo, un grande mortaio di pietra antica.

Ingredienti

  • grano;
  • salsa di pomodoro;
  • cipolla;
  • pecorino;
  • basilico;
  • sale;
  • olio extravergine.

Preparazione

La notte prima di cuocere il tutto si dovrà:

  • mettere a bagno il grano per 10-12 ore per renderlo più morbido e velocizzare la cottura;
  • dopo l’ammollo deve essere "lavato", "scolato" e messo in una pentola a "bollire" per un’ora a fuoco medio, mescolando di tanto in tanto per evitare che si possa attaccare;
  • nel frattempo, ci si può dedicare alla salsa di pomodoro che andrà cotta per 45-50 minuti in una casseruola con olio, basilico e un pizzico di sale.

A parte, poi, è necessario preparare un piccolo "soffritto" con:

  • la cipolla tritata che dovrà essere aggiunta al grano in cottura.

Una volta insaporito per bene, lo si può togliere dal fuoco per condirlo con il pomodoro.

Per rendere ancor più gustoso il tutto, molte persone preferiscono aggiungere anche un velo di "pecorino"!

Regione: Puglia
Tipologia di prodotto:  Prodotti della Gastronomia

Descrizione

La ricetta leccese "dell'agnello al forno con patate alla leccese", anche detta "auniceddhru allu furnu", ha una modalità di preparazione semplice e veloce, ma anche molto gustosa e adatta ai pranzi dei giorni di festa.

Cetrificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito l'agnello al forno con patate alla leccese nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Origini

In passato, infatti, essendo l'agnello una carne pregiata, se ne riservava la preparazione solo durante le occasioni speciali.

Un'occasione tipica era quella del giorno di Pasqua, in cui l'agnello non era solo un alimento presente sulla tavola, ma anche fortemente simbolico ed in linea con la festa cattolica.

Ricetta

L'agnello al forno con patate alla leccese secondo la "ricetta leccese" prevede di:

  • utilizzare un agnello ancora da latte, per fare in modo che la carne sia tenera e gustosa.

E' possibile utilizzare anche un "agnello adulto", ma ciò potrebbe abbassare sensibilmente la qualità della ricetta.

Ingredienti

La preparazione dell'agnello al forno con patate alla leccese prevede l'utilizzo di:

Alcune ricette prevedono l'utilizzo di diversi ingredienti secondari che possono variare, è possibile aggiungere anche:

  • pomodorini freschi;
  • formaggio pecorino.

Cottura

La cottura dell'agnello al forno con patate alla leccese può essere preparata facendo:

  • saltare le fette in padella con i sapori prima di essere inserito in forno;

oppure

  • è possibile già preparare la teglia con tutti gli ingredienti e lasciare che la cottura venga interamente svolta dal forno.

L'agnello al forno con patate alla leccese è una ricetta che piace molto ai salentini, ma che è stata spesso esportata in tutta Italia per il sapore fragrante e gustoso.

REGIONE: Puglia
TIPOLOGIA DI PRODOTTO: Gastronomia

Descrizione

I "panzerotti" sono un prodotto preparato e conosciuto in tutta la Puglia.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito i panzerotti nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione

Ingredienti

Recentemente sono stati superati i confini regionali e non è raro trovare chi prepara questa gustosa specialità anche in altre regioni d'Italia.

Gli ingredienti per la preparazione di questi panzerotti sono:

  • pasta lievitata;
  • olio per friggere.

Gli ingredienti per il ripieno dei panzerotti sono:

  • mozzarella;
  • pomodoro;
  • origano.

Preparazione

Sostanzialmente si tratta di "mezzelune ripiene" formate da:

  • pasta lievitata e fritte nell'olio bollente.

Il ripieno originale prevede:

  • mozzarella filante, pomodoro e origano.

Ovviamente nel corso del tempo sono state sperimentate numerose varianti ed è possibile assaggiare panzerotti ripieni di:

  • carne tritata;
  • mortadella;
  • broccoli;
  • rape;
  • prosciutto.

Talvolta la mozzarella viene sostituita da altri formaggi dolci o affumicati come ad esempio:

  • scamorza;
  • provola;
  • treccia battuta.

Al posto del pomodoro c'è anche chi utilizza:

  • pomodorini freschi (soprattutto in estate), oppure pelati.

Il ripieno

Il ripieno deve essere preparato a parte e inserito soltanto una volta che l'impasto ha completato la lievitazione (impiegherà un paio d'ore, raddoppiando il proprio volume).

Una volta chiuso, il panzerotto va cotto immediatamente per non inumidire l'impasto e immerso completamente in olio evo bollente finché non risulterà dorato.

C'è anche chi, alla frittura, preferisce la cottura in forno per un prodotto finale un po' meno pesante.

In questo caso il procedimento è il medesimo, ma occorre sistemare i panzerotti in forno preriscaldato a circa 180° e cuocere per una decina di minuti.

Se desideri fare uno spuntino gustoso e nutriente, uno o due panzerotti sono sicuramente la soluzione ideale!

REGIONE: Puglia
TIPOLOGIA DI PRODOTTO: Gastronomia

Descrizione

Il piatto composto da "ciciri e tria" è uno dei più antichi in tutta la Puglia.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito i ciciri e tria nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Origini

La ricetta ha origine soprattutto nel Salento, ma ad oggi è assai diffusa anche nel resto delle regioni.

Le origini risalgono addirittura all'epoca del poeta latino Orazio, il quale in alcune sue opere parlava di una gustosa zuppa realizzata con:

  • porro;
  • ceci;
  • lasagne.

La "tria" è un particolare tipo di pasta, il cui nome deriva dal termine arabo "itriyah" che vuol dire appunto "pasta secca".

Viene chiamata anche "massa di San Giuseppe" perché rappresenta un piatto tradizionale per il 19 Marzo.

In questa occasione, ciciri e tria, prevedeva una preparazione secondo un preciso rituale.

Venivano allestite delle tavolate (Tavole di San Giuseppe), con tutti i prodotti agricoli e della terra per poter offrire un pasto anche a chi non poteva permetterselo.

Tutt'ora alcuni paesi e borghi celebrano questo rito per tradizione.

Ciciri e Tria è un piatto sostanzialmente molto semplice e povero che ancora oggi viene preparato in Puglia, e non soltanto in occasione della Festa del Papà, ma anche durante il resto dell'anno, soprattutto durante le stagioni fredde.

Ingredienti

Gli ingredienti necessari per la preparazione della "pasta fresca" (tria), sono:

  • 165 g di acqua;
  • 150 g di farina 00;
  • 150 g di semola di grano duro rimacinata;
  • 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva.

Una parte di questa viene fritta in olio evo (frizzuli).

Invece, gli ingredienti per la preparazione del "condimento" di ciciri e tria sono:

  • 150 g di ciciri (ceci secchi);
  • 80 g di cipolle bianche;
  • 2 spicchi di aglio; 
  • qualche rametto di rosmarino;
  • 1 peperoncino fresco;
  • 3 foglie di alloro;
  • sale fino q.b.;
  • olio extravergine di oliva q.b.;
  • 250 ml di olio di semi;
  • 350 g di broso vegetale.

Preparazione

Prima di iniziare con la preparazione di ciciri e tria sarà necessario come primo passo:

  • mettere in ammollo per tutta la notte i ceci, al fine di farli ammorbidire!

Prodeguite in questo modo:

  • tagliate e tritate la cipolla bianca;
  • in una padella fate un soffritto con olio e 2 spicchi di aglio interi, quando sarà ben rosolato toglietelo;
  • versate nella padella la cipolla, mescolate e aggiugete l'acqua con il brodo vegetale;
  • fate trascorrere 10 minuti e inserite anche il peperoncino a pezzetti (senza semini), l'alloro e il rosmarino.

Riprendete i vostri ceci, scolateli e uniteli agli altri ingredienti nel tegame, la cottura dovrà continuare per 2 ore circa, a poco a poco aggiungete anche del brodo vegetale.

Per creare la "pasta" dovrete:

  • setacciare la farina 00 con la semola rimacinata, il tutto dentro una ciotola;
  • sucessivamente versate l'acqua e anche l'olio;
  • continuate a mescolare per amalgamare bene gli ingredienti e allo stesso tempo procedete versando l'acqua a poco a poco;
  • una volta raggiunta una consistenza liscia e omogenea, avvolgete la pasta in una pellicola e fatela riposare per mezz'ora.

Trascorso anche questo tempo, munitevi di una macchina "tira pasta" e stendete bene l'impasto!

Raggiunto uno spessore di circa 2/3 mm, sempre con l'aiuto della macchina, create delle "tagliatelle" e dividetele a pezzettini lunghi circa 8/9 cm.

A questo punto dovrete:

  • prendere ciascun pezzetto di pasta e "torcerlo" a spirale;
  • ripetete questa operazione per ogni pezzetto e una volta concluso, riponete la pasta su una teglia e lasciate riposare il tutto per almeno 2 ore.

Passato questo tempo di "seccatura", sarà necessario cuocere la pasta, e quindi:

  • in un tegame versate dell'olio di semi e portatelo ad una temperatura massima di 170 gradi;
  • sucessivamente, procedete con il friggere il 40% dell'intera pasta a pochi pezzettini alla volta;
  • aspetterete la "doratura", li scolerete e riporrete su della carta assorbente;
  • la pasta rimanente, potrete cuocela normalmente, facendola lessare in acqua salata per circa 1 minuto.

Passiamo all'unione di ciciri e tria quindi:

scolate la pasta lessata e unitela direttamente nel tegame dei ceci;

per dare il "tocco finale", in fase di impiattamento aggiungete qualche "tria fritta".

Il piatto è pronto per essere assaporato!

REGIONE: Puglia
TIPOLOGIA DI PRODOTTO: Gastronomia

Descrizione

Le "paparine 'nfucate" sono una ricetta tipica pugliese.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito le paparine 'nfucate nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Origini

Avendo una tradizione di carattere "contadino", le paparine 'nfucate si preparano con ingredienti molto semplici e facilmente reperibili in natura.

Senza inflessione dialettale, la pietanza è conosciuta anche come "papavero rosolaccio".

Si tratta di una pianta dal:

  • sapore lievemente dolciastro;
  • che cresce spontaneamente nel territorio salentino.

I braccianti erano soliti raccoglierla per consumarla in piatti della cosiddetta cucina povera.

Oggi questo ingrediente è stato ampiamente rivalutato, tant'è vero che viene servito nei migliori ristoranti per condire vari piatti tradizionali, tra cui minestre e insalate.

In cucina

Un esempio tra i più famosi e prelibati sono le "paparine 'nfucate", che possono essere pensate come:

  • contorno;
  • piatto unico da servire con del pane casereccio;
  • farcitura per focacce.

Preparazione

Per preparare le paparine 'nfucate bisogna innanzitutto:

  • pulire le paparine, avendo cura di tagliare le radici e buttare eventuali foglie secche;
  • si mettono a bagno in un recipiente e si effettuano diversi lavaggi per eliminare ogni residuo di terra;
  • una volta pulite, si aggiungono senza scolarle a un soffritto fatto con olio, peperoncino e uno spicchio d'aglio;
  • ci si regola con il sale e si lasciano cuocere per circa 30-45 minuti, rigirando di tanto in tanto.

A metà cottura alle paparine 'nfucate si aggiungono delle olive nere, un altro ingrediente tipicamente salentino.

Ingredienti

Gli ingredienti necessari per le paparine 'nfucate sono:

  • paparine;
  • olio;
  • peperoncino;
  • aglio;
  • olive nere.

Varianti

Un'altra variante della ricetta delle paparine 'nfucate è quella delle "paparine fritte":

  • vengono lessate, schiacciate con una forchetta e poi saltate in padella con il soffritto e l'aggiunta della buccia d’arancia.
REGIONE: Puglia
TIPOLOGIA DI PRODOTTO: Gastronomia

Descrizione

La "quatàra di Porto Cesareo" è una favolosa zuppa di pesce tipica della provincia di Lecce. 

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito la quatàra di Porto Cesareo nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Caratteristiche

La quatàra di Porto Cesareo è una pietanza molto apprezzata ancora oggi, ma a differenza di una volta, adesso si prepara avendo a disposizione tutti gli attrezzi da cucina e spesso si tende ad arricchire la zuppa con molluschi e mitili.

Anche se non si sa bene quali siano i "tipi di pesce" più adatti per restare fedeli alla ricetta tradizionale, la zuppa si prepara solitamente con:

  • il pesce definito "di scoglio" tra cui la triglia, la murena o lo scorfano, a cui si possono aggiungono i crostacei e le cozze.

Origini

Detta anche "quatàra alla cisàrola" o "quataru ti lu pescatore", il piatto nasce in origine utilizzando gli "scarti della pesca", ovvero:

  • quei pesci che al mercato non vengono richiesti (pesce chiatticiatu).

In passato veniva cucinato direttamente sui pescherecci usciti in mare per più giorni da Porto Cesareo.

La quatàra è il nome con cui era chiamata la "pentola di rame" utilizzata dai pescatori per preparare la zuppa.

Ingredienti

  • molluschi;
  • mitili;
  • triglia;
  • scorfano;
  • murena;
  • seppie;
  • pomodoro;
  • olio;
  • cipolla.

Preparazione

L'esecuzione del piatto è abbastanza veloce, la fase che richiede più tempo è quella della "pulitura" del pesce.

  • Si imbiondisce la cipolla nell'olio;
  • si aggiunge il passato di pomodoro;
  • poi si calano i pesci.

Prima quelli che richiedono una cottura più lunga come:

  • le seppie;
  • a seguire gli eventuali granchi e canocchie;
  • e poi tutti gli altri pesci.

Bastano cinque minuti di cottura a fuoco vivace e alti cinque a fiamma più bassa.

Degustazione

La quatàra di Porto Cesareo si serve nelle terrine di coccio, insieme alle fette di pane casereccio.

Il tutto sarà accompagnato da:

  • un vino salentino leggero, bianco o rosato.

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