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Regione: Puglia
Tipologia di prodotto:  Bevande analcoliche, distillati e liquori

Descrizione

 La Puglia, territorio fertile per numerose specie, non possiede in realtà il clima ed il terreno ideale per la crescita prolifica di una specie vegetale, "il noce".

Origini

Le noci vengono raccolte secondo tradizione durante la "Notte di San Giovanni" (o del Solstizio d'Estate), tra 23 e 24 Giugno.

Questa usanza, soppiantata dal culto per il Santo, ha in realtà antichissime origini pagane.

Secondo quest'ultime, il Sabba Maggiore del Solstizio d'Estate veniva celebrato accanto ad "alberi di noce", o comunque con una grande considerazione rituale per questo albero maestoso.

Ad ogni modo, non vi sono notizie “certe” in merito a questo liquore, però ad oggi sappiamo che esistono versioni di liquore di noci in molti paesi europei.

Esistono documenti romani antichi sui quali è riportato che:

  • i Picti, popolo dei Britanni, si radunavano "nella notte di mezza estate" e bevevano da uno stesso calice uno scuro "liquore di noce".

Fonti successive, invece, riportano che tra i francesi era in uso un "liqueur de brou de noix" o "ratafià di mallo".

Molto probabilmente, l'ingresso in Italia di questo liquore, avvenne diffondendosi prima nella zona del Sassello e poi nel Modenese.

La leggenda

Il noce mantenne sempre un alone di "leggenda", legato alla presenza di streghe e incantesimi, che si trasmise alla preparazione del liquore.

Infatti, per tradizione, le noci venivano raccolte nella notte di San Giovanni dalla donna più esperta nella preparazione che, salita sull'albero a piedi scalzi, staccava solo le noci migliori, servendosi delle sole mani e senza intaccarne la buccia.

Lasciate alla rugiada notturna per l'intera nottata, venivano messe in infusione il giorno dopo.

La loro preparazione terminava la vigilia di Ognissanti, ovvero la notte del 31 Ottobre.

La tradizione ci racconta di non usare "attrezzi di ferro" per la raccolta dei frutti, in base alla credenza secondo cui quel metallo fosse in grado di compromettere le proprietà delle piante officinali.

L'usanza è comunque molto antica e già i Druidi la seguivano cogliendo il vischio con un falcetto d'oro.

Produzione

In Puglia il nocino viene prodotto in modo piuttosto diffuso, ma lo stesso vale per gran parte della penisola.

Proprietà benefiche

Nonostante la difficoltà di adattamento al clima mediterraneo, sul territorio regionale si possono trovare alcuni sporadici alberi che producono un "tesoro prezioso". 

Nel momento in cui la noce "matura" scopriamo al suo interno moltissime proprietà benefiche, ovvero:

  • antiinfiammatorie;
  • digestive;
  • depurative;
  • ipotensive.

Utilizzo

Viene utilizzata per la produzione di un "liquore" tradizionale Pugliese, ma in particolare nell'area della Murgia Barese.

Stiamo parlando del "nocino", notissimo liquore digestivo dal forte aroma e dal sapore inconfondibile.

Piacevolissimo da bere a fine pasto, ma delizioso in qualunque momento!

Ingredienti

Gli ingredienti necessari per la preparaione del nocino sono:

  • 1 l di alcool;
  • 22 noci verdi;
  • mezza stacca di cannella;
  • 7 chiodi di garofano;
  • 500 g di zucchero;
  • 150 ml di acqua.

Lavorazione

Cominciate con la preparazione del nocino, quindi:

  • lavate sotto l’acqua corrente le noci e asciugatele con un canovaccio;
  • dividete ogni noce  in quattro parti e mettetele in un capiente vaso di vetro;
  • aggiungete l’alcool,  la cannella e i chiodi di garofano;
  • a questo punto, lasciate riposare il tutto per 40 giorni, ricordatevi di agitare le noci in infusione tutte le settimane.

Trascorsi  i 40 giorni, fate sciogliere lo zucchero in acqua tiepida.

Filtrate il nocino dalle spezie e dalle noci e versatelo nello sciroppo di zucchero intiepidito, a questo punto:

  • mescolate il nocino fino a che lo sciroppo di zucchero e l’alcool non i siano amalgamati del tutto.

Travasate il nocino nelle bottiglie e conservatelo al buio almeno fino a Dicembre.

Degustazione

Il modo migliore per servire il nocino è liscio a temperatura di 16-18°.

E’ ottimo come "digestivo" alla fine dei pasti.

Alcune varianti prevedono il nocino servito con il Parmigiano Reggiano oppure sul gelato per un ottimo dessert.

Regione: Puglia
Tipologia di prodotto:  Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati  

Tradizioni

Sono note le preparazioni gastronomiche nate per agevolare il lavoro nei campi dei contadini, pasti veloci e nutrienti per donare forza a chi doveva faticare per ore ed ore.

Provenienza

Quasi tutta la tradizione gastronomica popolare italiana, tiene conto di questo aspetto rurale e la "conserva piccante di peperoni" non è da meno.

Si tratta di una conserva di origine Pugliese e molto diffusa nella regione.

Questa conserva la possiamo trovare in particolar modo nella zona di Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce.

Storicità

Viene anche definita "cunserva mara" e un tempo veniva consumata con un pezzetto di pane da contadini e lavoratori durante la merenda.

Il suo consumo era rapido, non richiedeva grandi preparazioni e assicurava il fabbisogno calorico richiesto da chi lavorava.

Per questo la conserva piccante di peperoni è considerata un prodotto tradizionale, popolare e dagli ingredienti poveri.

Certificazioni

La conserva piccante di peperoni è stata inserita dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Ingredienti

Gli ingredienti fondamentali per la creazione della conserva piccante di peperoni sono:

  • 60 g di peperoncini piccanti;
  • 2 peperoni rossi dolci;
  • 15 g di habanero giallo;
  • 1 peperone giallo dolce;
  • 250 g di pomodorini;
  • 3 carote;
  • 1 cuore di sedano;
  • 3 steli di origano fresco;
  • 3 steli di timo fresco;
  • 30 foglie di basilico;
  • una manciata di prezzemolo;
  • 2 cipolle;
  • 3 spicchi d’aglio;
  • 300 g di olio extravergine di oliva;
  • 250 g di passata di pomodoro;
  • sale q.b.

Lavorazione

Cominciamo con la preparazione della conserva piccante di peperoni, quindi:

  • munitevi di guanti per poter maneggiare i peperoncini, prestate attenzione a non romperli, altrimenti dovrete sostituirli subito;
  • tritate finemente tutti gli ingredienti dopo averli lavati e mondati;
  • versateli in una pentola insieme all’olio, la passata di pomodoro e mezzo bicchiere d’acqua;
  • mettete sul fuoco e portate a bollore, poi abbassate la fiamma;
  • continuate la cottura per circa due ore, o comunque sino a che non si sia addensata, regolate di sale.

Verso fine cottura, rimescolate ogni tanto, per evitare che si attacchi sul fondo

A questo punto sarà necessario:

  • far raffreddare e poi versare la salsa così ottenuta dentro dei barattoli sterilizzati, possibilmente di piccole dimensioni;
  • metteteli  in una pentola capiente;
  • cercate di alternare i barattolini con l'utilizzo di alcuni canovacci;
  • copriteli di acqua fredda e poi poneteli sul fuoco, portate a bollore e fate sterilizzare per 30 minuti.

Passato questo tempo, spegnete e lasciateli raffreddare i barattoli nella pentola.

Quando saranno completamente freddi tirateli fuori dall’acqua e conservateli in un luogo fresco e buio!

Conservazione

Come avviene per le salse di pomodoro, viene conservata in barattoli di vetro ed utilizzata a seconda delle necessità, ovvero come:

  • condimento intenso e grintoso per la pasta;
  • condimento adatto su crostini e pezzi di pane.

La versatilità della conserva piccante di peperoni la rende un prodotto molto amato e utilizzato dalle famiglie del luogo.

Varianti

Una variante della conserva piccante di peperoni, può essere quella dei peperoni in agrodolce.

La ricetta è semplice e ve la proponiamo qui di seguito.

Ingredienti

Gli ingredienti necessari per la preparazione dei peperoni in agrodolce sono:

  • 750 g di peperoni rossi;
  • 750 g di peperoni gialli;
  • 50 g di sale fino;
  • 1 l di aceto di mele;
  • 125 g di zucchero.

Preparazione

Cominciate con la preparazione dei peproni in agrodolce, quindi:

  • lavate e asciugate i peperoni;
  • eliminate il picciolo, togliete i semi e i filamenti interni e divideteli in 4 parti;
  • da ciascuno spicchio ricavate delle striscioline sottili;
  • in un tegame capiente versate l’aceto di mele, lo zucchero, il sale e fate cuocere il tutto a fuoco basso, mescolando di tanto in tanto;
  • quando lo zucchero e il sale si saranno sciolti, aggiungete i peperoni e coprite con un coperchio.

I peperoni dovranno cuocere, ma non sfaldarsi, pertanto saranno necessari circa 20 minuti.

Controllate dopo 15, minuti perchè il tempo può variare anche in base alla carnosità dei peperoni.

Una volta pronti fateli scolare raccogliendo il liquido di cottura in una ciotolina.

Lasciateli scolare fino a completo raffreddamento, per questo ci vorranno almeno 2 ore.

A questo punto,  invasate i peperoni senza arrivare fino all'orlo, cercate di lasciare  2 cm dal bordo e poi ricopriteli interamente con il liquido di cottura, ormai freddo.

Il liquido deve superare di almeno 1 cm il livello degli ortaggi.

Per evitare che i peperoni affiorino dal liquido, è consigliabile utilizzare dei "distanziatori in plastica" da inserire all'interno del baratto.

Chiudete bene i vasetti stringendo accuratamente i tappi e procedete alla "pastorizzazione", ovvero la "bollitura dei vasetti".

Per verificare che si sia creato il "sottovuoto" premete al centro del tappo, se non sentite alcun "suono", tipo "clack" allora il "sottovuoto" si sarà creato correttamente!

Regione: Puglia
Tipologia di prodotto: Formaggi 

Provenienza

 Il "Pallone di Gravina" è il formaggio più caratteristico della zone delle "Murge", un vasto territorio pugliese che comprende la provincia di Bari.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito il pallone di Gravina nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Origini

Si tratta di un prodotto autoctono, molto apprezzato non solo nella regione di produzione, ma anche nel resto dell'Italia, tanto da essere spesso citato nelle migliori riviste agrarie.

Il formaggio deve il suo nome proprio alla "forma", decisamente sferica e molto simile ad un pallone, e al suo paese di origine.

La filiera della lavorazione del latte a Gravina e sul territorio dell'Alta Murgia, rappresentano una tradizione antichissima!

Gravina ha rappresentato una stazione importante sul tratto Bradanico-Tarantino.

Tutta la capacità lattiera che veniva dai bestiami, era usata per:

  • la lavorazione di formaggi pecorini e vaccini con la produzione, soprattutto, di "pasta filata".

I "latticini freschi" sono appunto esempi importanti:

  • il fior di latte;
  • la mozzarella;
  • la stracciatella;
  • i nodini;
  • le trecce;
  • la manteca (burrino) e burrate.

Anche il Pallone di Gravina rappresenta un esmpio importante, anche se rispetto agli altri è più "stagionato".

Le origini del latte che hanno dato vita la Pallone di Gravina sono di:

La vacca podolica stazionava in maniera permanente nel Bosco Difesa Grande a 5 km dal centro abitato di Gravina.

Nell'anno 2012 è stato creato il "Presidio Slow Food Pallone di Gravina", grazie all'impegno dei produttori, della locale condotta Slow Food e dell'Associazione Murgiamadre.

Caratteristiche

Il Pallone di Gravina è un formaggio a "pasta dura" realizzato con il latte di mucca.

  • La stagionatura è medio-lunga.
  • La crosta è scura.
  • La pasta presenta un colore paglierino.

Ingredienti

L'ingrediente fondamentale per la creazione del Pallone di Gravina è il:

  • latte di mucca.

Conservazione

Le forme vengono fatte a mano e conservate per almeno 3 mesi al buio, meglio se in grotte scavate nel tufo che gli dona questo inconfondibile e spettacolare "aroma".

Le forme hanno un peso variabile, ma che normalmente non supera mai i 10 kg.

Lavorazione

La lavorazione, sempre la stessa sin dai tempi della "transumanza", richiede passaggi semplici ma decisamente importanti:

  • si parte dal latte di "vacca crudo", la cagliata preparata con l'aggiunta di caglio di vitello viene sottoposta a rottura e riscaldata ad alta temperatura;
  • il composto viene trasferito su tavoli inclinati;
  • viene pressata e rivoltata più volte affinché rilasci il siero in eccesso.

Le ultime fasi sono quelle della "filatura" in acqua bollente e la "formatura manuale".

In cucina

In cucina il Pallone di Gravina può essere utilizzato in diverse ricette!

Di seguito vi proponiamo la ricetta dei:

  • cavatelli di grano arso con Pallone di Gravina su creama di cicerchie e sarde.

Ingredienti

Gli ingredienti, per 6 persone, necessari per la preparazione di questo piatto a base ci Pallone di Gravina sono:

  • 200 g di farina di grano arso;
  • 700 g di farina 00;
  • 300 g di semola rimacinata di grano duro;
  • 5 g di sale fino;
  • 450 ml di acqua calda;
  • 500 g di bietola a coste larghe;
  • 200 g di Pallone di Gravina;
  • 300 g di cicerchie;
  • uno spicchio di aglio;
  • un rametto di alloro;
  • 150 g di  olio extravergine;
  • 500 g di sarde fresche;
  • finocchietto.

Preparazione

Per la preparazione dei cavatelli di grano arso con Pallone di Gravina su creama di cicerchie e sarde, bisogna:

  • anzitutto, lavare le cicerchie e metterle a bagno per 24 ore;
  • scolarle e privarle della pellicina esterna;
  • cuocerle in una pentola d’acqua con aglio e alloro;
  • quando saranno morbide, frullarle col mixer nella loro acqua di cottura aggiungendo olio extravregine di oliva.

Per i cavatelli bisogna:

  • disporre la farina a fontana con sale e acqua calda e lavorare l’impasto con il palmo delle mani, allungandolo e ripiegandolo su se stesso, per circa 10 minuti;
  • quando non si attaccherà più alle dita e sarà liscio e omogeneo, coprire con pellicola (o con un panno umido);
  • a questo punto fatelo riposare per 30 minuti in un luogo fresco affinché perda l’elasticità e possa essere steso facilmente;
  • poi staccarne un pezzo e fare un filoncino di mezzo centimetro di diametro, da tagliare in pezzi lunghi circa 2 cm;
  • schiacciare la pasta con la punta delle dita (indice e medio) e, contemporaneamente, trascinare per dargli la forma allungata e incavata all’interno.

Lasciar asciugare per almeno 30 minuti prima di cucinare.

Pulire le sarde e ricavare dei filetti.

Ora, metà filetti dovete farli marinare con olio, aglio e il trito di finocchietto per 15 minuti, poi frullare il tutto con il mixer ricavandone una crema.

Cuocere la costa delle bietole tagliata a listarelle e a metà cottura nella stessa acqua i cavatelli.

A parte dovrete rosolare in padella una sarda sbriciolata con olio e l’aglio tritato.

Con un coppa pasta formate un cilindro con:

  • passata di cicerchia intorno ai cavatelli e bietola;
  • un velo di Pallone di Gravina;
  • infine una sarda arrotolata precedentemente infornata con pane croccante all’olio d’oliva.

Aggiungete un rametto di finocchietto selvatico e della crema di sarda!

I vostri cavatelli di grano arso con Pallone di Gravina su creama di cicerchie e sarde sono pronti per essere assaporati!

Degustazione

Il Pallone di Gravina soddisfa i palati più esigenti ed è considerato una vera prelibatezza se abbinato con un vino rosso corposo.

Regione: Puglia
Tipologia di prodotto: Formaggi

Descrizione

 La "giuncata" è il formaggio che meglio rappresenta l'arte casearia della regione Puglia.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito la giuncata nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Ingredienti

Si tratta di un formaggio fresco a pasta morbida realizzato con:

  • latte di pecora;
  • latte di capra;
  • latte vaccino appena munto;
  • caglio.

Tradizioni

Considerato da sempre un prodotto altamente nutritivo, la giuncata in passato, era l'alimento principale dei braccianti che abitualmente la consumavano durante la prima colazione.

Il nome del prodotto deriva dal fatto che la cagliata, appena pronta, veniva sistemata in tante cestelle di rami di giunco.

Attualmente i produttori usano stampi in plastica che garantiscono una maggiore igiene alimentare e quindi più sicurezza per i consumatori.

Caratteristiche

Nella giuncata non c'è alcuna aggiunta di sale, inoltre questo formaggio non richiede stagionatura ed è quindi pronto per essere consumato subito.

La produzione è giornaliera, ogni forma è caratterizzata da:

  • un peso di circa 300-400 grammi;
  • non ha la crosta;
  • la pasta è bianca, umida e leggermente aromatica;
  • il sapore è delicato.

Degustazione

La giuncata è gustosa da mangiare sia da sola che spalmata sul pane, si può portare in tavola come:

  • antipasto;
  • secondo piatto.

Grazie alla sua morbidezza e alla sua cremosità, la giuncata è anche molto utilizzata per:

  • alleggerire l'impasto degli gnocchi;
  • per preparare torte;
  • farcire dolci di pasta frolla.

Gli intenditori della buona tavola amano gustare la giuncata in accompagnamento a:

  • marmellate fatte in casa;
  • salsine di frutta o miele.

Ipocalorico

Trattandosi di un formaggio leggero è molto indicato anche per chi deve seguire un regime alimentare "ipocalorico".

Regione: Puglia
Tipologia di prodotto: Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati

Descrizione

Siamo nel Subappenino Dauno, territorio nel quale si assiste all'armonioso amalgamarsi di paesaggi collinari e verdeggianti distese di faggi e querce tipiche della Foresta Umbra.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito il fagiolo dei Monti Dauni nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Territorio

Politicamente si articola in 29 comuni, da Casalnuovo Monterotaro a Rocchetta Sant'Antonio passando per Candela e Castelluccio dei Sauri.

Storicamente invece, la Daunia ha sempre rivestito un ruolo strategico per posizione e elevato numero di collegamenti. 

Il tenore di vita molto semplice e regolare di queste zone ha portato ad apprezzare tutti i frutti che la terra offriva elevando in auge, tra questi, il "fagiolo".

In un angolo d’Italia dove sorgono i 29 piccoli borghi che fanno parte dei Monti Dauni, la cultura del cibo e della buona tavola sono alcuni degli aspetti più deliziosi.

Si parla di nuovi sapori, antiche tradizioni culinarie e le feste che esaltano la genuinità, la creatività e l’eccellenza dei prodotti di questa terra.

Attraverso la sperimentazione dei:

si possono fare scoperte intriganti, legate alla tradizione rurale e alla genuinità dei cibi preparati secondo tradizioni che si tramandano di generazione in generazione.

I Monti Dauni sono custodi di un mondo di:

  • sapori e gusti locali seducenti ed inconfondibili;
  • profumi perduti e passione per il mangiar sano;
  • prodotti della terra da cui traggono origine antiche ricette, ricche di creatività e considerate oggi di alta gastronomia. 

In questo paesaggio incontaminato della provincia di Foggia, ricco di:

  • storia e tradizioni;
  • boschi lussureggianti e dolci vallate;

percorriamo insieme il cammino del gusto e prendiamo parte alle numerose “sagre” che si celebrano tutto l’anno per conoscere prodotti e piatti tipici e vivere un’esperienza gastronomica appagante!

Semina e raccolto

Il "fagiolo dei Monti Dauni" viene seminato e poi raccolto seguendo processi di coltivazione evidentemente biologici, nella provincia di Foggia, in zone quali:

  • Faeto;
  • Montenapoleone;
  • Anzano;
  • Orsara;
  • Panni.

La semina di questo prodotto inizia nella prima decade di Maggio e si conclude ad Agosto, quando i baccelli sono secchi, col periodo di produzione vero e proprio.

E' famosa la citazione anche letteraria nel testo "La mia Terra" di Mons. Rocco Paglia".

In questa scrittura, viene presentata come una coltivazione che si avvicenda alla coltura del grano, ovvero che i semi dei fagioli vengono seminati insieme al granturco affinchè quest'ultimo, offra alla pianta del fagiolo un sostegno su cui crescere.

Presentazione

Il fagiolo dei Monti Dauni Meridionali è uno dei tesori gastronomici di questi luoghi.

Il fagiolo dei Monti Dauni si presenta con:

  • un colore bianco avorio;
  • tondeggiante con una lunghezza che varia dai 7 ai 15 millimetri;
  • altamente digeribile per la sua buccia sottile;
  • saporito;
  • coltivato biologicamente.

Proprietà salutari

Da sottolineare è l'apporto di:

  • proteine;
  • carboidrati;
  • fibre.

Curiosità

La "Sagra del fagiolo e delle castagne" si tiene in occasione dei festeggiamenti per San Celestino Martire.

Viene allestita il secondo Sabato di Ottobre la tradizionale sagra dedicata ai due ingredienti principi del territorio di Bovino, ovvero:

Numerosi banchetti e tavolate arredano il quartiere "Sotto le Mura".

Il fagiolo viene anche presentato in occasione della "Sagra del Maiale e quella del Prosciutto" che si svolgono a Faeto in Febbraio e Agosto, dato che da sempre s'accompagna ai derivati del maiale.

Famosi e ricercati, infatti, sono:

Degustazione

Il sapore dei fagioli dei Monti Dauni risulta gradevole, tantochè vengono usati per:

  • zuppe;
  • insalate;
  • varie altre ricette.
Regione: Puglia
Tipologia di prodotto: Carni (e frattaglie) e loro preparazione  

Descrizione

 Il "tocchetto" è un salume della tradizione gastronomica pugliese, prodotto nella provincia di Foggia e soprattutto nel comune di Lucera.

Tradizioni

Secondo diverse fonti, già nel 1700 il tocchetto era il cibo preferito dai pastori in Puglia.

Un insaccato buono, nutriente e facile da conservare.

Durante la transumanza tra le aree del Tavoliere e i Monti Dauni, sembra che i tocchetti fossero trasportati tenendoli sotto la sella di muli e cavalli, da qui nascerebbe la loro caratteristica forma "schiacciata".

Con il passare del tempo, la produzione del tocchetto si è ridotta notevolmente e la sua lavorazione avviene solo in alcune norcinerie o macellerie artigianali.

Il motivo principale della scarsa produzione del tocchetto sta nel fatto che da ogni suino è possibile ricavarne un massimo di 6 pezzi.

Presentazione

Una volta pronto, il tocchetto si presenta come:

  • un salame dal colore grigiastro;
  • lungo 30-40cm;
  • del peso di circa 200-400gr;
  • dalla forma cilindrica schiacciata.

Nonostante il colore esterno, al taglio rivela:

  • un colore rosso acceso ed un profumo inebriante.

Ingredienti

Gli ingredienti necessari per la creazione del tocchetto sono:

Preparazione

La preparazione del tocchetto viene fatta esclusivamente con il filetto del maiale come segue:

  • viene tagliato a pezzi più o meno regolari, ortogonalmente al pezzo anatomico;
  • i pezzetti di carne così tagliati vengono salati, conditi e lasciati riposare in salamoia con spezie e aromi tipici del posto per una settimana;
  • lasciato in salamoia per un periodo di 7 giorni, 
  • la carne viene successivamente prelevata e insaccata in budelli naturali;
  • viene fatta sgocciolare;
  • viene adagiato tra due assi di legno e fatto stagionare per circa 30 giorni;
  • durante questo periodo assumerà la forma tipicamente schiacciata.

Degustazione

Gli abbinamenti con il tocchetto sono variegati e numerosi perché questo insaccato è profondamente radicato nella tradizione culinaria italiana!

Viene comunemente consumato come "salume da taglio" accompagnato a del buon vino rosso.

Il tocchetto lo si può abbinare con:

  • il pane (anche quello integrale), infatti un panino ripieno di qualche fetta di tocchetto è irresistibile;
  • delle verdure;
  • il formaggio, per un gusto più saporito;
  • la salsa rosa.

Il tocchetto è ideale se accompagnato con del vino bianco frizzante leggermente freddo, come per esempio:

  • un Prosecco;
  • un Moscato.

Con questi abbinamenti mangerete il tocchetto in maniera diversa e gustosa.

Buon appetito! 

Curiosità

Il tocchetto di Lucera deve necessariamente essere collegato alla Sagra del maiale e alla Sagra del prosciutto che si svolgono a Faeto, in quanto derivato del maiale, molto apprezzato dagli assidui frequentatori del posto.

Regione: Puglia
Tipologia di prodotto: Carni (e frattaglie) e loro preparazione

Descrizione

 Le origini della "muschiska" sono molto remote e di difficile datazione.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito la muschiska nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Origini

La muschiska è una carne essiccata per circa 20 giorni, carne di pecora, carne di capra o carne di vitella, prodotta nel Foggiano, specialmente a Rignano Garganico.

In passato per preparare la muschiska si prediligeva la carne di pecora.

Questo tradizionale salume veniva consumato dai pastori durante i lunghi cammini nella stagione della transumanza, essendo un prodotto con un elevato valore calorico e nutrizionale.

Trasportare scorte di carne secca era l’unica possibilità per i pastori di potersi nutrire di carne durante i lunghi periodi della transumanza.

Il nome potrebbe essere ricondotto:

  • al termine marinaro "mosciame" che si riferiva alla preparazione del pesce essiccato al sole.

C'è chi dice che possa risalire al "periodo Romano" e chi invece sostiene che abbia un'identità più recente, magari associabile al "periodo Dauno".

Tuttavia è certo che questo salume veniva preparato preventivamente in casa e di conseguenza consumato quando i pastori o i pellegrini si allontanavano dalla città natia per affrontare lunghi cammini.

A tal proposito infatti, la muschiska è stata rinominata come la "carne dei pastori della transumanza".

Si intuisce quindi, che questo alimento rappresentava "l'unica chance" per i pastori di mettere sotto i denti della carne!

Inoltre, è bene ricordare che garantiva anche una medio-lunga conservazione (dai cinque ai dieci mesi).

Caratteristiche

La tradizione gastronomica pugliese e foggiana la pone come una delle pietanze "migliori", ma è nella zona Garganica, in particolare nei comuni di Rignano Garganico e Sannicandro Garganico, che la muschiska assume caratteri quasi "sacri."

La muschiska si può preparare scegliendo tra diverse tipologie di carni:

  • pecora;
  • capra;
  • vitello giovane, purché vengano selezionate solo le parti magre dell'animale.

La muschiska è un particolare tipo di carne essiccata al sole, è un prodotto tipico della categoria degli insaccati che si presenta:

  • in strisce di carne di pecora, di capra o vitello;
  • larghe 2-3 cm;
  • lunghe 20-30 cm.

Questa carne viene poi insaporita con delle spezie:

Queste vengono poi essiccate al sole per circa 15-20 giorni.

La muschiska è:

La muschiska si può gustare sia cotta che cruda, l’odore ed il sapore sono caratteristici e variano in base al tipo di carne utilizzato (per la preparazione si preferiscono le parti più magre dell’animale).

Ingredienti

Il pezzo andrà tagliato a strisce larghe un paio di centimetri e lunghe venti o trenta e condito con aromi che garantiscano sapore, ovvero;

  • 1 kg di tagli più magri di carne di capra, di pecora o vitello;
  • peperoncino q.b.;
  • sale q.b.;
  • aglio q.b.;
  • semi di finocchio q.b.

Ricetta

Per preparare la muschiska i pezzi di carne scelti vengono:

  • disossati e tagliati trasversalmente alla nervatura per formare delle strisce larghe 2-3 cm e lunghe 20-30 cm;
  • ottenute le strisce di carne, si condiscono con sale, semi di finocchio, peperoncino e aglio;
  • così speziate le strisce vengono distribuite su appositi vassoi per essere sottoposte al processo di "essiccamento" a temperatura e umidità controllate, al sole o all’interno di essiccatori.

    È un prodotto a lunga conservazione (3-10 mesi), soprattutto se confezionato sottovuoto.

Essiccazione

E' richiesta la fase di "essiccazione", stimabile in circa 3 settimane.

Il modo più tradizionale prevederebbe:

  • l'esposizione al sole.

Per "accelerare il processo" a volte vengono preferiti anche degli "essiccatori meccanici" in cui è più facile controllare temperatura ed umidità.

Degustazione

La muschiska è un tipo di alimento consumabile sia cotto che crudo.

Regione: Puglia
Tipologia di prodotto: Bevande analcoliche, distillati e liquori

Descrizione

Un'infusione di gusto ed aromi freschi e conosciuti, ecco cosa rappresenta nell'immaginario collettivo il "Limoncello", rimandando subito a distese immense e soleggiate di alberi, a due passi dal mare.

Certificazioni

Liquore tipico del Mediterraneo, in Puglia viene prodotto principalmente nella Zona Garganica, con i limoni di varietà "Femminello", dalla scorza tenera e carica di olio essenziale, che ben si presta a questo tipo di preparazioni.

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo ha inserito il limone Femminello del Gargano nell'Elenco dei Prodotti DOP (Di Origine Protette),IGP (Indicazioni Geografiche Protette), e STG (Specialità Tradizionali Garantite), della regione Puglia.

Storicità

Sulla nascita del Limoncello vi sono tantissime leggende, ma con estrema certezza possiamo affermare che il Limoncello è arrivato sulle nostre tavole già durante i primi anni del Novecento e per la precisione nella Costiera Amalfitana, dove gli alberi di limoni sono davvero molto comuni.

In Italia esistono tantissime varianti del Limoncello:

  • da quello ligure a quello calabrese, dove però è possibile notare un colore più chiaro e un sapore meno dolce.

In alcuni casi, poi, il Limoncello può essere addirittura speziato con l’aggiunta di "paprika"!

Il Limoncello pugliese, è quello che si preparara con i limoni di Femminello, di Rodi Garganico, lugo dove i limoni sono utilizzati pure per la realizzazione di questa bevanda alcolica.

Liquore tipico del Mediterraneo, in Puglia viene prodotto principalmente nella Zona Garganica, con i Limoni di varietà "Femminello", dalla scorza tenera e carica di olio essenziale, che ben si presta a questo tipo di preparazioni.

Ingredienti

Per la preparazione del Limoncello sono necessari i seguenti ingredienti:

  • 6 limoni verdi Femminello;
  • 600 g di zucchero;
  • 1 l di alcool;
  • 1 l di acqua.

Preparazione

Il Limoncello viene preparato:

  • tenendo in infusione la parte gialla della scorza dei limoni nell'alcool alimentare per circa 20 giorni, per poi aggiungere lo sciroppo, ottenuto solo con acqua e zucchero.

Quindi:

  • sbucciate i limoni e ricavatene la buccia, evitando la parte bianca che darebbe un sapore amarognolo alla preparazione;
  • procuratevi un recipiente di vetro a chiusura ermetica in cui verserete l’alcool e le scorze di limone;
  • chiudete  e lasciate a macerare per 20 giorni in un luogo buio avendo cura di agitare il contenitore più volte al giorno.

In una casseruola, versate:

Successivamente, il liquido ottenuto viene filtrato e imbottigliato!

Degustazione

Le sfumature organolettiche derivanti dall'infusione delle scorze di limoni nell'alcool, si sviluppano in maniera netta solo col passare del tempo.

Per questo motivo, sarebbe consigliabile aspettare almeno un mese per la sua degustazione del Limoncello.

Curiosità

Nato come "digestivo" per il fine pasto agli inizi del '900, questo liquore dal sapore unico e inconfondibile, è diventato ormai un "must" nelle case degli italiani.

Grazie al suo piacevole aroma, da parte degli stranieri è sempre più frequente la richiesta di Limoncello al termine di un succulento pasto pugliese!

Nel "calcolo della gradazione alcolica" di un Limoncello fatto in casa è necessario tenere a mente:

  • la perdita di alcool per mezzo dell'assorbimento delle bucce esauste.

Il sistema di "estrazione per infusione" implica la penetrazione del liquido all'interno delle fibre cedendo alcuni composti, ne trattengono altri.

In media, con un'infusione di 7 giorni, si perde fino al 15% dell'alcool usato in origine!

Regione: Puglia
Tipologia di prodotto:  Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati

Origini

 La coltivazione della "cipolla bianca di Margherita" risale agli inizi del '700.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo ha inserito la cipolla bianca di Margherita nell'Elenco dei Prodotti DOP (Di Origine Protette), IGP (Indicazioni Geografiche Protette), e STG (Specialità Tradizionali Garantite), della regione Puglia.

Tipologie

Già allora, grazie al lavoro degli agricoltori, si potevano trovare cinque ecotipi diversi di cipolla bianca di Margherita:

  • Marzaiola;
  • Aprilatica;
  • Maggiaiola;
  • Giugnese;
  • Lugliatica.

I cinque ecotipi, oltre ad avere periodi differenti di raccolta, si distinguono anche per forma e peso:

  • le cipolle bianche di Margherita più precoci hanno una forma leggermente più schiacciata ai poli ed un peso di circa 100 g cadauna;
  • mentre quelle tardive hanno una forma molto rotondeggiante e arrivano a pesare fino a 200 g ciascuna.

Coltivazioni

La coltivazione della cipolla bianca di Margherita avviene lungo la Costa Adriatica ed in particolare nelle zone dei comuni di Margherita di Savoia (ragion per cui si chiamano proprio in questo modo), Manfredonia e Zapponeta.

È proprio il terreno sabbioso, dalla falda acquifera superficiale e rendere la cipolla bianca di Margherita unica nel suo genere.

Caratteristiche

La cipolla bianca di Margherita designa l’ortaggio allo stato fresco ottenuto dal bulbo della specie Allium cepa L., limitatamente agli ecotipi locali:

  • Marzaiola o Aprilatica (tipologia precoce);
  • Maggiaiola (medio precoce);
  • Giugniese e Lugliatica (di maturazione tardiva).

Gli ecotipi locali scelti per la coltivazione della cipolla bianca di Margherita sono autoriprodotti e selezionati da diverse generazioni di agricoltori della zona.

La semina avviene a partire da fine Agosto fino ai primi di Settembre, successivamente vi è il trapianto delle piantine che deve essere effettuato nel periodo compreso tra Novembre e Febbraio.

In questa fase è molto importante "l’irrigazione", che deve essere commisurata all’andamento stagionale delle piogge.

La raccolta della cipolla bianca di Margherita viene effettuata manualmente, ha inizio in periodi diversi a seconda della tipologia, ovvero:

  • la cipolla Marzaiola o cipolla Aprilatica è la più precoce e viene raccolta a partire da metà Marzo;
  • la cipolla Maggiaiola a Maggio;
  • la cipolla Giugniese e Lugliatica vengono raccolte fra Giugno e metà Luglio.

Durante la raccolta vengono selezionati anche i bulbi da utilizzare per i nuovi impianti.

Il "confezionamento" è consentito solo se effettuato subito dopo la raccolta, mentre è vietato "riconfezionare" il prodotto al di fuori della zona di produzione.

La cipolla bianca di Margherita è caratterizzata da:

  • bulbi bianchi;
  • dal sapore dolce e succulento;
  • consistenza tenera e croccante;
  • elevato contenuto in zuccheri.

Le tipologie locali di cipolle, si differenziano così:

  • la Marzaiola o Aprilatica presentano una forma schiacciata ai poli;
  • la Maggiaiola ha forma meno schiacciata;
  • la Giugniese e la Lugliatica si presentano decisamente rotondeggianti.

Produzione

La zona di produzione della cipolla bianca di Margherita interessa:

  • la fascia costiera adriatica nel territorio del comune di Margherita di Savoia, in provincia di Barletta-Andria-Trani;
  • i comuni Zapponeta e Manfredonia, in provincia di Foggia, nella regione Puglia.

Degustazione

La cipolla bianca di Margherita può essere consumata sia cotta, che cruda, ma è da cruda che si può apprezzare meglio il sapore.

L'ideale, sarebbe servirla come:

  • condimento all'interno di insalate a base di verdure o legumi.

Per la sua caratteristica dolcezza, è particolarmente indicata come:

  • contorno di piatti sia a base di carne che di pesce, perché ne esalta il sapore senza coprirlo.

La cipolla bianca di Margherita viene cucinata:

  • in umido e sulla griglia;
  • in padella o al forno.

La cipolla bianca di Margherita è molto usata anche:

  • in insalata;
  • con patate lessate oppure cetrioli e carote;
  • condita semplicemente con olio extra vergine di oliva.

Ideale per zuppe e minestre!

Conservazione

È consigliabile conservare la cipolla bianca di Margherita in luogo fresco e asciutto per preservare al meglio la consistenza tenera e croccante del bulbo.

Regione: Puglia  
Tipologia di prodotto: Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati

Descrizione

La "farinella" è una specialità culinaria della regione Puglia.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito la farinella nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Origini

In dialetto barese è chiamata "farenèdde" ed è un tipo di farina ottenuto dalla macerazione di:

  • orzo e ceci con l'aggiunta si sale.

La "farinella" è un prodotto culinario tipico del paese di Putignano in Puglia

In origine era molto utilizzato dai contadini che basavano la loro alimentazione su alimenti poveri.

In passato i braccianti usavano mangiare la "farinella in polvere" a pranzo, insieme alle cipolle o ai fichi secchi.

A cena si serviva ancora farinella, ma mischiata al "macco", una purea ricavata dalle fave.

Le famiglie meno povere spolverizzavano la farinella su  diverse pietanze, come ad esempio:

  • sulle paste;
  • sulle patate lesse e condite;
  • insieme allo zucchero a fine pasto.

Anche ai giorni nostri è consuetudine consumare la farinella miscelandola con sughi o altri intingoli!

Spesso i contadini se la portavano nei campi racchiusa in un sacchetto appeso alla cintura dei pantaloni.

La fama di questa farina era così diffusa che negli anni una "maschera" del famoso carnevale di Putignano prese il suo nome, infatti:

  • la farinella è un alimento ancora molto radicato nella provincia di Bari, ogni anno durante il carnevale di Putignano sfila "Farinella", la maschera simbolo del territorio che vuole mantenere vivo il ricordo di un prodotto rurale ancora molto apprezzato.

Attraverso il cibo si può risalire agli usi, alle tradizioni e alla storia di un popolo e gli abitanti di Putignano, seppure a favore del rinnovamento e della cucina moderna, non intendono dimenticare un prodotto che è stato per anni l'unico sostentamento dei loro antenati.

Presentazione

L’aspetto della farinella è quello di una farina comune, ovvero:

  • di un color giallo ocra, come fosse quella di una polenta taragna, ma dalla consistenza molto più fine.

La farinella veniva cotta in un brodo di erbe selvatiche e diventava una "polentina" che, il giorno dopo, veniva tagliata a fettine e mangiata fredda con un contorno di verdure.

Ingredienti

Vi proponiamo una ricetta per la preparazione di alcuni dolcettia base di farinella, ovvero i "dolcetti di farinella".

Questi sono gli ingredienti:

  • 350 g di burro oppure di olio extravergine di oliva;
  • 400 g di zucchero;
  • 500 g di farinella di orzo;
  • 500 g di farinella di ceci;
  • 2 uova;
  • scorza di arancia e limone grattugiata;
  • cannella;
  • latte q.b.

Preparazione

Per la creazione dei dolcetti di farinella dovete:

  • lavorare in una ciotola il burro a pomata aggiungendo man mano lo zucchero, le uova, la scorza di limone e arancia e la cannella;
  • a questo punto mescolate accuratamente e versate sul tutto le due farine di orzo e di ceci e continuare a rimestare;
  • procedete in questo modo fino a far amalgamare tutti gli ingredienti.

Se l'impasto dovesse risultare troppo "solido", potete tranquillamente aggiungere del latte al fine di ammorbidire il composto.

Una volta pronto il composto, fatelo riposare per circa un’ora.

Trascorso il "tempo di riposo", riprendete il composto e "a piacere" create e date forma a dei dolcetti

Cottura

A forno preriscaldato a 150 gradi, ricoprite una teglia da forno con della carta apposita e fate cuocere i dolcetti di farinella per circa 20 minuti.

A metà cottura abbiate cura di girare i dolcetti al fine di farli dorare sui due lati.

dolcetti di farinella saranno pronti quando avranno raggiunto una giusta doratura.

Degustazione

Una volta pronti, togliete i dolcetti di farinella dal forno e lasciateli raffreddare.

Una volta freddi, saranno ottimi da servire a grandi e piccini!

Regione: Puglia  
Tipologia di prodotto: Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati

Descrizione

La "fava di Zollino" viene coltivata nella provincia di Lecce, in particolare, nel comune di "Zollino", dal quale deriva il suo nome.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito la fava di Zollino nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Storicità

La produzione della fava di Zollino interessa l’intera provincia di Lecce, in particolare il comune di Zollino, dal quale, questa leguminosa, deve il suo nome.

La fava di Zollino è coltivata seguendo tecniche tradizionali che si sono tramandate nel corso delle generazioni da padre in figlio.

Come vuole la tradizione popolare, le fave, ottenute nell’annata precedente da piante accuratamente scelte dall’agricoltore, vengono seminate nel mese di Novembre e raccolte in un unico passaggio, a pianta intera, nella prima metà di Maggio.

La “trebbiatura” del prodotto, dopo un’adeguata esposizione al sole, viene realizzata attraverso la "battitura" delle piante con dei bastoni, sui moderni spiazzi aziendali.

L’epoca di raccolta è la metà di Giugno.

Essendo, la fava di Zollino, un prodotto destinato quasi totalmente alle esigenze famigliari dei suoi produttori e in minima parte venduto, una stima della quantità prodotta è improbabile. 

Procedimenti

La "semina" avviene durante il mese di Novembre, mentre la "raccolta" (che non si limita ai soli baccelli, ma prevede il prelevamento di tutta la pianta), inizia nel mese di Maggio.

Subito dopo, le fave destinate al consumo autunnale ed invernale, vengono fatte essiccare al sole e solo allora separate dalle piante battendole con dei bastoni.

Una volta eliminata gran parte della pianta, le fave vengono separate e selezionate con dei macchinari oppure a mano.

Caratteristiche

La fava di Zollino è un legume antichissimo molto amato dai salentini e coltivato nella Grecìa Salentina.

Le piante di fava di Zollino crescono bene su terreni:

  • pesanti;
  • calcarei;
  • argillosi;
  • argillo-calcarei.

Le piante di fava di Zollino spesso sono protette dagli alberi d'ulivo che le preservano naturalmente dalle gelate invernali, inoltre, rifuggono dai terreni sciolti e poveri di humus, organici, soggetti a ristagni di acqua.

Chiamata "ciuccia" nel dialetto salentino, ha:

  • un aspetto schiacciato e risulta leggermente più grande rispetto alle varietà coltivate per uso commerciale;
  • è leggermente più grande rispetto alle fave ottenute da cultivar commerciali;

  • la fava di Zollino si conserva integra alla cottura.

Per ciascun baccello di fava di Zollino non ci sono all'interno mai più di 5 semi e i metodi di coltivazione di questa fava vengono tramandati di generazione in generazione per assicurarsi ogni anno un raccolto generoso, prevedendo, tra l'altro, l'uso di fave dell'annata precedente accuratamente scelte dall'agricoltore.

Degustazione

La fava di Zollino può essere consumata sia fresca che cotta dopo l'essiccatura.

Le fave di Zollino vanno accompagnate da:

  • un buon formaggio pecorino fresco o dalla marzotica, mentre cuocere quelle secche è quasi un’arte.

Da gustare il piatto tradizionale locale "fave bianche e cicorie" condite con abbondante olio di frantoio

Ingredienti

Tra le ricette più note con questo legume non possiamo non citare le ''fave e foje'' o le ''fave a cecamariti'' tipiche della tradizione culinaria pugliese.

Gli ingredienti necessari per la preparzione del piatto tipico "fave a cecamaritisono:

  • 250 g di fave cotte a purè;
  • 1 cicoria spigata o altra verdura amarognola, ma non le cime di rapa;
  • 2 fette di pane raffermo;
  • olio extravergine q.b.;
  • 1-2 cipolle rosse;
  • 1 bicchiere di aceto di vino.

Ricetta

Per dare vita a questo gustoso piatto locale, dovete cominciare in questo modo:

  • cuocete le fave secondo la ricetta tradizionale, se preferite potete ridurle ad una crema più o meno omogenea;
  • aggiungete dell’olio extravergine di oliva a crudo;
  • mondate la cicoria e lessatela in abbondante acqua salata;
  • a questo punto sgocciolatela bene e tenetela da parte.

Nel frattempo, prendete il pane secco e tagliatelo a dadini regolari, poi:

  • friggetelo per pochi secondi in olio ben caldo;
  • infine unite tutti gli ingredienti sul fuoco a calore medio, mescolando con un cucchiaio di legno, di tanto in tanto;
  • arrivate al punto che il pane avrà perso un poco di croccantezza.

Servite le vostre fave a cecamariti ben calde e accompagnatele da fettine di cipolla rossa cruda tenuta a bagno nell'aceto almeno 30 minuti.

Regione: Puglia  
Tipologia di prodotto: Paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria

Descrizione

I cavatelli sono un particolare tipo di pasta fresca tipica pugliese e diffusa in tutto il territorio regionale, ma presente anche in altre zone del Sud Italia.

Certificazioni

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito i cavatelli nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Puglia (PAT).

Origini

I cavatelli si ottengono dalla lavorazione della semola di grano duro, prodotto che rappresenta una delle eccellenze della regione e che viene coltivato da molti secoli nel territorio pugliese, con le prime testimonianze risalenti al tempo dei romani.

La realizzazione dei cavatelli avveniva in casa ed era una pasta che si usava preparare nei periodi festivi.

Caratteristiche

cavatelli presentano:

  • una forma allungata, quasi cilindrica, con una caratteristica incavatura realizzata con le dita, da cui deriva anche il nome, che contribuisce a trattenere in maniera ottimale il condimento con cui vengono preparati.

Ingredienti

Gli ingredienti necessari per la preparazione dei cavatelli sono:

Preparazione

La preparazione è abbastanza semplice!

Come prima cosa si crea un impasto formato da farina e semola di grano duro rimacinata:

  • durante l'impasto si aggiungono acqua e olio fino ad ottenere un composto abbastanza morbido;
  • a questo punto, si lascia riposare la pasta per circa un quarto d'ora e poi si procede alla realizzazione dei cavatelli;
  • si arrotola un pezzo di pasta che va poi diviso in tanti piccoli pezzi, i quali vengono scavati con le dita in maniera da ottenere la forma tradizionale, con i bordi leggermente arricciati.

Degustazione

I cavatelli sono un tipo di pasta che si abbina con numerosi condimenti.

Tradizionalmente venivano conditi con un sugo di carne, in particolare agnello.

Variante di degustazione

Non mancano comunque le varianti dei cavatelli, come:

  • il condimento con le cozze e quello con sugo di pomodoro e ricotta di pecora.

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